INTERVISTA
Credo di dover ancora rendermi conto del tutto di questo cambiamento.
Mia figlia ha 3 anni e mezzo, va alla materna tutto il giorno e rientra in pullman verso le ore 17.00 perché ne io né mio marito riusciamo ad andare a prenderla, i nostri orari lavorativi non ce lo permettono. Tra l’altro, viene scaricata dalla nonna e già qui io mi sento in colpa sia per non andarla a prenderla io, sia per farla arrivare dalla nonna e non a casa sua. Ne consegue che ho praticamente meno di 3 ore da passare con lei quando rientro da lavoro, prima che lei vada a dormire. Vorrei dedicare interamente a lei questo poco tempo, ma purtroppo non ci riesco.
Mi sto trascurando perché mi sento terribilmente in colpa nel dover sacrificare queste poche ore con lei per qualcosa di mio: che sia la parrucchiera, l’estetica o qualsiasi altra cosa. O mi convinco che non ne ho bisogno, anche se ho i piedi doloranti dai calli o i capelli completamente bianchi, oppure mi prendo dei permessi a lavoro. Il fine settimana è diventato un trauma: fare le faccende domestiche facendosi aiutare dalla bimba, in modo da renderla partecipe e non escluderla, è tutt’altro che semplice.
Ultimamente ha cominciato a farmi domande del tipo “Mamma, ma perché non smettiamo di fare questo e andiamo a giocare assieme?” Mi rendo conto che mia figlia vorrebbe di più da me e da suo papà, ma purtroppo non ci riusciamo. Specifico che non sono una di quelle che vuole la casa sempre perfettamente in ordine, al contrario faccio il minimo indispensabile. Ma almeno quello, va fatto. Da quando ho partorito non riesco ad avere più il controllo su me stessa, è come se ci fosse una forza superiore che mi costringe a dimenticarmi di me stessa per dedicarmi interamente a questa piccola creatura che ha bisogno di me.
I bisogni delle mamme che passano in secondo piano
Sembra che tutti i miei bisogni, di qualsiasi tipo – farsi un bagno caldo con calma e non una doccia fredda veloce, prendermi cura del mio corpo e dei 20 kg presi con la gravidanza, farmi un aperitivo con le amiche – si fossero all’improvviso nascosti dentro ad un cassetto chiuso a chiave, e la chiave fosse stata buttata via perché sarebbe un peccato mortale riaprire quel cassetto. Purtroppo la stessa cosa vale anche per mio marito: abbiamo perso praticamente tutti i nostri amici perché non abbiamo più tempo nemmeno di coltivare le amicizie. Non vorrei essere esagerata, ma ho la sensazione di essere morta nell’anima: io non esisto più, vado avanti per inerzia solamente perché mia figlia ha bisogno di me, e la forza di andare avanti la trovo proprio da lei. Dai suoi “mamma ti voglio bene”, “sei la mamma migliore”, “mamma sono tanto felice quando sei qui con me”. Queste sono le piccole cose che nutrono non la mia anima, quella di donna, ma la nuova anima di madre che è nata assieme a mia figlia. Si, credo che alla fine non sia cambiata la mia vita, ma sia cambiata io come persona.
Mamme e nonne, un rapporto complesso: “Ho provato a chiedere un aiuto, ma non faceva che rinfacciarmelo”
Ho provato a chiedere supporto a mia mamma, che vive a 30 km di distanza ma è pensionata e quindi di tempo libero ne ha, ma la cosa non ha funzionato. Un aiuto è tale se è disinteressato, se lo fai con amore senza pretese; lei invece continuava a rinfacciarmi il fatto che mi aiutasse, che facesse anche di più rispetto a quello che chiedevo, e si aspettava anche di avere qualche ricompensa, non per forza di tipo economico.
Quando, durante una lite, mi ha detto che mia figlia la stava crescendo lei e che praticamente non conosceva sua madre, l’ho automaticamente esclusa dalla mia vita. Come se potessi scegliere. E poi … da che pulpito! Parola di una donna che ha divorziato quando io avevo 6 anni, e ha fatto crescere le sue figlie con sua madre – mia nonna – perché lei era troppo impegnata non a lavorare, ma a ricostruire la sua vita assieme ad un uomo che tutt’oggi è molto più importante di me.
Ho partorito nel 2020, in pieno covid, e sono andata in esaurimento perché ero sola tutto il giorno. Mio marito lavorava a tempo pieno, io non potevo uscire di casa, avevo una bimba ad alto contatto che voleva stare sempre e solo in braccio mio altrimenti piangeva così forte che sembrava qualcuno la soffocasse. Ho la fortuna di avere un Santo come marito, e una Santa di suocera.
Benché mia suocera, nonostante la sua età, lavori ancora – hanno un’azienda agricola di famiglia – quando ho bisogno di qualcosa non mi dice mai di no. Mio marito, anche se si sta facendo il mazzo per allargare l’azienda di famiglia in modo da poterci permettere un futuro tranquillo, non ha mai detto di no ad una mia richiesta di aiuto. Sono una persona orgogliosa, mi vergogno a chiedere aiuto perché sento in qualche modo di aver fallito, perciò cerco sempre di farcela il più possibile da sola. Ovvio, non ci riesco sempre… Ed in questi casi, a salvarmi sono mio marito in primis, e mia suocera.
Mamme e lavoro: “Con la prima gravidanza mi è stato detto che ero un investimento fallito che rende zero”
Altroché! Con la prima gravidanza mi è stato detto che ero un “investimento fallito che rende zero“. Non mi sono arresa, volevo far vedere che in realtà rendevo eccome, essere incinta non mi impediva di svolgere il mio lavoro da impiegata. Sono rientrata dalla maternità a tempo pieno, visto che dove lavoro non concedono il part-time (significherebbe andare a lavorare solo per lo stipendio, non perché ti interessa dell’azienda – questa la loro visione). Dopo alcuni mesi si è aperta la posizione di capo ufficio, e prima di iniziare una ricerca esterna hanno chiesto a me e alle mie 5 colleghe se qualcuno fosse interessato, pretendendo una spiegazione anche per il “no”.
La mia è stata veritiera: sono una mamma, ho una figlia piccola da gestire e al momento non ho la flessibilità oraria che questo tipo di ruolo richiede. Non ti dico come mi hanno guardata, come se fossi una lebbrosa. Si sono limitati a dirmi che ognuno dà priorità a quello che vuole, lasciando intuire che stavo dando le priorità sbagliate alla mia vita. Ancora una volta non mi sono arresa: in 8 ore di lavoro riuscivo a fare il lavoro che altre colleghe facevano in 10 ore, più alcuni sabati che io non ho mai fatto non perché non volevo, ma perché riuscivo benissimo a gestire il mio lavoro senza fare straordinari. L’ho fatto presente chiedendo anche la possibilità di un aumento, mi è stato risposto che chi si ferma a lavoro dimostra un interesse ed una lealtà reali nei confronti dell’azienda, cosa che io non dimostravo.
Con la seconda gravidanza ho praticamente perso il lavoro
Hanno cominciato a prestarmi i piedi in tutti i modi, ho pianto tanto ma in qualche modo ho tirato avanti fino alla seconda gravidanza: ora sono alla fine del 5 mese, ma non ce la faccio più. Sono fermamente convinta che la schiavitù sia ritornata, solo non è più una lotta tra bianchi e neri, o italiani e non, ma piuttosto una lotta tra potenti e non potenti. Tutte le cariche più alte e importanti dell’azienda dove lavoro sono ricoperte da uomini. Tutte le cariche più basse, da donne. Ed il bello è che si sono presi anche un premio per l’occupazione femminile: per forza, i 200 dipendenti mica possono essere tutti primi livelli (uomini) che decidono come lavorare, qualcuno che lavora (le donne) ci deve pur essere.
Facendola breve, sapendo di non poter toccare la mia gravidanza mi stanno puntando i coltelli da qualsiasi altra parte. La mia pazienza ha raggiunto il suo limite: ho sbottato, dicendo apertamente quello che pensavo di loro. Conseguenza? Mi sono messa in malattia aspettando le carte dalla ginecologa per la prematernitá, ho praticamente perso il mio lavoro.
Conciliare maternità e carriera? Sembra un obiettivo irrealizzabile
Non sono soddisfatta. Vorrei poter lavorare part-time o comunque con orario flessibile per dare un aiuto economico a mio marito ed evere la mia piccola indipendenza, ma anche avere il tempo di gestire le mie figlie senza costringerle ad orari prolungati a scuola, costringere mia suocera a badare a loro, rinunciare a qualsiasi attività sportiva per loro – danza, nuoto o quel che è – perché semplicemente nessuno le può accompagnare.
Vorrei poterci essere io quando hanno bisogno di qualche cosa, non la nonna, la maestra del dopo scuola o chi altri.
Vorrei poter non essere derisa dalla società solamente perché preferisco essere mamma e moglie piuttosto che donna in carriera, ma vorrei comunque poter in qualche modo lavorare ed essere rispettata per il mio lavoro perché essere mamma non significa non sapere più lavorare. E qualsiasi sia il mio lavoro, anche se fosse semplicemente quello di pulire i bagni, va comunque rispettato indipendentemente dall’essere madre o meno. Il rispetto non guarda scale gerarchiche, posizioni sociali, sesso o conti correnti bancari ecc. Qualsiasi anima vivente si merita rispetto. Vorrei smetterla di essere sempre un gradino più in basso rispetto ai miei colleghi uomini.
Vorrei smetterla di essere la pecora nera dell’azienda solo perché riesco a gestire famiglia e lavoro, senza dovermi fermare 15 Ore al giorno in ufficio. Vorrei ci fossero più aiuti dallo Stato per noi mamme, in fin dei conti una famiglia è praticamente come un’impresa da gestire… non vedo molte differenze, in entrambi i casi si lavora sodo. Mi rendo conto, però, che i miei “vorrei” sono solo fantascienza!
La coppia dopo i figli: ci si trascura, ma il sentimento rimane
Come ci si trascura personalmente, purtroppo ci si trascura anche come coppia. Io e mio marito ne parliamo spesso, siamo consapevoli che questo “allontanamento” non è dovuto al fatto che non ci vogliamo più bene. Siamo semplicemente esausti, tutti e due. Alla sera, finito quello che dobbiamo fare, l’unica cosa che ci va è metterci a dormire. Ci eravamo promessi di dedicare un sabato al mese a noi stessi, lasciando la bimba dai nonni, giusto per riscoprire un po’ noi stessi.
Tra malattie, inviti vari da parenti, impossibilità dei nonni ad ospitare la bimba, o semplicemente stanchezza da parte nostra… In un anno lo abbiamo fatto solo 3 volte.
Ma ci proviamo, e soprattutto ci parliamo. Il periodo difficile ci sta, ma è importante capire che è per “cause di forza maggiore” e non perché sta svanendo il sentimento.
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