Mamme e medaglie d’oro. Io preferisco uscire dalla gara

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Mamme c’è una gara in atto e c’è in palio un premio che sto scoprendo essere molto ambito, regalano la medaglia d’oro alla fatica. Non è una medaglia qualsiasi, come quelle medaglie che si vincono da bambini. Questa, é una vera medaglia. E sto scoprendo che é molto ambita. Concorrono quasi tutte le mamme per aggiudicarsela, ma occorrono molti requisiti per poter avvicinarsi al premio, uno in particolar modo: bisogna letteralmente stramazzare al suolo.

Sì, avete capito bene. Stramazzare al suolo. Vince chi arriva sfinita al traguardo e di questo essere sfinita ne fa motivo di vanto con tutte le altre mamme. Ovviamente, esce dalla gara chi ha la fortuna (beata lei) di avere i nonni vicino e che magari hanno piacere ad esserci, chi ha aiuti di vario genere, chi ha risorse economiche per poter in qualche modo stramazzare di meno.

Questa è una gara quotidiana, e ne facciamo parte spesso anche in modo inconsapevole ogni volta che guardiamo qualcun altra, che magari sembra più in forma di noi, o più serena di noi e pensiamo “Beh certo, tanto lei…mica come me”. In molti casi é vero, verissimo. Chi sta meglio, chi vive meglio, è chi può permettersi almeno in piccola parte di delegare qualcosa, di occuparsi un pochino più di se stessa, magari di arrivare a casa la sera meno di corsa e meno stressata.

E sapete cosa penso? Che questo sia tutto tranne che una colpa, e che fare più fatica degli altri non é un motivo di vanto, ma una semplice condizione sfavorevole che si ripercuote amaramente anche su tutti gli aspetti della nostra esistenza. Faccio un esempio. Quando ho potuto organizzarmi e ritagliare un minimo di tempo per me e per la mia vita, dopo sei anni in cui per tanti motivi era in stand-by, sono stata meglio io come essere umano e penso ne abbia avuto da guadagnare indirettamente anche chi sta attorno a me. Per il semplice motivo che una persona un minimo meno stressata, un minimo meno di corsa, che ha un pochino più di tempo per guardare anche e se stessa e guardarsi dentro, verosimilmente é un essere umano meglio disposto nei confronti degli altri. Perché? Perché semplicemente sta meglio.

Quella fatica che ti porta a consumarti e non avere più risorse mentali per te stessa e per gli altri non é qualcosa di cui farsi vanto, ma qualcosa che bisogna cercare di ridurre il più possibile, per stare meglio. Arrivare al proprio limite, non é una prova di forza.

Tutto ciò che si narra attorno alla maternità parla di fatica e di rinuncia in modo cupo, rassegnato, per come lo vedo io a tratti inquietante. A me, per lo meno, inquieta parecchio. Si parla poco invece del reale e primo dovere che abbiamo verso noi stessi e verso chi ci sta vicino, provare ad essere felici, a stare bene, ad avere una vita che ci piace vivere, seppur con tutte le sue sfide, le sue amarezze e le sue difficolta. Quel limite superato, di cui spesso anche un po stupidamente ci si fa vanto, è un grave torto che si fa a noi stessi, soprattutto nel momento in cui viene accettato passivamente. Forse la percezione del limite dovrebbe essere il primo passo per provare a cambiare qualcosa, per parlare con chi ci sta attorno.

Tornando indietro, se avessi ricevuto più comprensione, più sostegno emotivo e pratico, ne avrei attinto a piene mani, e non per egoismo, o per incapacità, ma per restituire quell’amore e quelle premure a mia volta. Me la sono cavata anche così, per carità. Se avessi potuto però stare meglio, non vedo perché dire di no.

Non abbiamo nulla da dimostrare e giustificare a nessuno, se non ai nostri figli e alle persone che amiamo e che ci amano. Dobbiamo solo provare a stare bene, a goderci il viaggio. A pretendere nonostante l’enorme possibilità e impegno che é crescere un essere umano di trattare anche noi stessi da esseri umani, esseri umani con bisogni più che legittimi. Io la medaglia d’oro alla fatica la cedo volentieri, molto volentieri. Partecipo a un’altra gara, quella di provare ad essere felice. I tempi e le regole, li decido io.

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