Il “celolunghismo” nei genitori e nei nonni: sentirsi migliori degli altri per sentirsi qualcuno

1024 855 Stancamente Mamma

Il celolunghismo è una delle ultime malattie che affligge noi genitori. Ad alcuni viene subito, già quando sono in ospedale e il bambino è nella culla e loro notano, non si sa come, che lui è più sveglio degli altri, si vede chiaramente da come si muove, vedi come è intelligente, è molto sopra la media. Il ragazzo (se modestamente ha preso i geni della sua stirpe) si farà strada e darà grandi soddisfazioni.

La malattia progredisce poi nella prima infanzia, quando il pargolo in questione è quello che a differenza di tutti gli altri bambini del globo, dorme già dieci ore, mangia, non piange mai e guarda guarda, gattona molto prima! Ma sì, si era visto subito che era precoce.

Il celolunghismo avanza silenzioso negli anni dell’asilo e poi si scatena impetuoso per il resto della vita, quando sempre il bambino prodigio, sarà quello che imparerà l’inglese senza andare a scuola, da solo, con mezz’ora di canzoncine sul telefono. Sarà quello che a quattro anni nuota a stile libero tra le onde del Pacifico, eh si anche qui, senza mai prendere una lezione di nuoto, sei solo tu lo scemo che ha pagato due anni di corso prima di vedere un tuffo, d’altra parte mica è colpa loro se eccellono.

E poi, che ve lo dico a fare, è il numero uno in tutto quello che fa. Sì è così, dalla scuola allo sport. E vedessi come è disinvolto nelle amicizie il nostro piccolo prodigio.

Questa malattia, che credevo colpisse prevalente i genitori, in realtà sta dando alla testa anche a un numero sempre maggiore di nonni.

Proprio pochi giorni fa al parco, una nonna affetta da celolunghismo acuto, commentava la piscina di zona dicendo che per la nipotina di tre anni la vasca (olimpionica) è troppo piccola, non nuota abbastanza. “Se devo portarla a nuoto, non la porto certo lì”, ha sentenziato perentoria. Probabilmente ha in mente anche di chiamare un preparatore olimpico che sia all’altezza della situazione: sono quasi certa che un comune istruttore non sarebbe in grado di gestire quel talento tutto assieme.

Ma scusi, ho provato a ribattere, fa il corso di nuoto lì mio figlio con i bambini di otto anni, e di quella vasca ne fanno metà, per una bambina di tre è troppo piccola?

Ma dimenticavo che gli affetti dal celolunghismo non ascoltano mai le risposte, questo è tipico della malattia avanzata. Parlano solo loro, con monologhi traboccanti del loro ego, ma se provi a rispondere perdono immediatamente attenzione, non ti sentono. Della tua risposta gliene frega meno di zero. Potrei esserci io, uno di voi, un canarino, un palo della luce, la ruota di un monopattino. Non fa la differenza.

Ho imparato a riconoscerli dall’incipit delle loro frasi, cominciano tutte cosi: “Ehhh lui/ lei”, poi sospirano, alzano gli occhi al cielo, fanno un bel sorriso di circostanza, e da lì parte un’ora di monologo sulle qualità del bambino: e via, che la recita abbia inizio.

Una volta li ascoltavo, nel tempo però ho cambiato strategia. Scusi mi suona il telefono, io vado! Me lo sono fatta suonare da sola, volpona che non sono altro e mi sono defilata. Visto che di celolunghismo non si guarisce, almeno, si salvi chi può.

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