Quanto possiamo essere sfigati noi genitori?

1024 409 Stancamente Mamma

Sì, lo so che é un titolo che suona un po’ strano, frutto di tante riflessioni che sto maturando in questi anni. Potrei non usare il termine sfigati, potrei dire “irrisolti” o “narcisisti”, ma il risultato alla fine della storia cambia molto poco, conta il risultato.

Perché dico quello che dico? Perché mio figlio cresce e ho sempre più possibilità di confrontarmi con altri genitori come me e con i miei limiti, ovviamente. Non so perché facciamo quello che facciamo, ma molti di noi, lo fanno senza sosta e probabilmente sono così entrati nella parte, da non accorgersene più: mentiamo, in continuazione.

Mentiamo quando ci chiedono come va e neghiamo anche l’evidenza e non per riservatezza, ma solamente per “non essere da meno”, perché ovviamente quelli “fighi” non incontrano mai nessun intoppo sulla loro strada. Raccontiamo palle quando ci vantiamo del fatto che il nostro pargolo adori fare ad esempio tutte quelle fantastiche attività extra-scolastiche che lo costringiamo a fare, quando sappiamo benissimo che le odia dalla prima all’ultima e fosse per lui starebbe al parco con i suoi amichetti o a casa, o a fare quel che gli pare (nonché quello che avrebbe comunque diritto a fare dopo tante ore a scuola). Ecco, lo sfigato per me é questo, e non ha niente a che vedere con chi non ce la fa, ma é quello che mente a se stesso per impressionare gli altri, per suscitare invidia. Per dare un’immagine diversa e molto migliore rispetto alla realtà; é quello che non accetta quello che ha davanti, ma pretende, dall’alto della sua posizione di genitore, di plasmarlo a sua immagine e somiglianza.

Quanto possiamo essere sfigati noi genitori?

Perché i nostri figli non ci vanno bene per come sono?

Finché mio figlio ha voluto, ha frequentato un maneggio. L’ha frequentato per anni. Gli piacevano i cavalli, prendersene cura. Gli piacevano la velocità e l’adrenalina che ti dà correre al galoppo. Le sue istruttrici mi hanno sempre detto che é uno sport molto bello quanto particolare, o si ama, o si odia senza troppe sfumature. Un giorno entra a far parte del suo corso un bambino nuovo, di un paio di anni più grande. Sguardo basso, aria schiva. Penso tra me e me che forse é intimidito dal nuovo ambiente, se é qui é perché gli piacerà senz’altro questo contesto. Dopo un mese di lezioni, il bambino é sempre più cupo: esegue gli esercizi in modo meccanico e senza nessuna partecipazione, non sorride praticamente mai; un pomeriggio fa irruzione nella lezione il proprietario del maneggio, preparatore atletico di centinaia di agonisti, un sessantenne brizzolato dall’occhio lungo e la parlantina sciolta: “Vediamo questi ragazzi come si divertono oggi a fare il percorso!”. Esclama con il suo solito entusiasmo.

Eccolo là, lo sguardo si posa serio sull’ultimo arrivato, mesto sul suo cavallo. Fa un cenno all’istruttrice e chiede come si chiama, quanti anni ha e da quante lezioni si è unito al corso. Poi si siede e osserva ancora per una decina di minuti, finché insofferente, pone bruscamente fine allo spettacolo pietoso, e lo chiama davanti a tutti: “Marco a te non piace mica stare qui, dimmi se sbaglio“. “No, non sbagli. Non mi piace“. risponde mesto con un filo di voce. Gli mette una mano sulla spalla: “Che sport ti piace?” incalza. “Basket“. Gira di scatto lo sguardo verso i genitori ed esclama davanti a tutti presenti testuali parole: “E voi che cazzo lo obbligate a venire qua a fare, un bambino che chiede di fare basket? Per mettere la foto su Instagram?”. Silenzio assoluto.

Cala il gelo sui presenti, l’istruttrice abbassa lo sguardo, gli altri genitori fanno finta di controllare il cellulare, ognuno vorrebbe sparire, dileguarsi. E conclude: “Scusate se ve lo dico. I bambini che vengono al maneggio, in dicembre, con il freddo alle sei di sera, sono bambini che contano le ore durante la settimana per venire a cavallo. Sono bambini appassionati di questo sport. Sono bambini che devi trattenerli perché fosse per loro son qua anche con la febbre. Con che diritto lo costringete a fare una cosa che non vuole? E magari é anche terrorizzato dal cavallo. Io non voglio vedere ragazzi infelici e costretti qua dentro, passate pure in segreteria a farvi restituire la quota e portate questo bambino a fare basket, se gli volete bene. Non é qui il suo posto. Scendi pure Marco, lo vedo che hai paura“. Lo aiuta a togliere la staffa dallo stivale e lo abbraccia.

Scende da cavallo, ovviamente e per fortuna non sono mai più tornati. Raramente in vita mia ho provato quel tipo di tenerezza perché un bambino “non visto” e non riconosciuto da chi dovrebbe amarlo di più in assoluto, é senza dubbio un bambino profondamente infelice e divorato dal senso di inadeguatezza, intrappolato nelle aspettative narcisistiche dei genitori, nella gabbia di tutto ciò che avrebbero voluto fare e magari non sono riusciti a fare proiettando tutti i loro fallimenti sulle sue fragili spalle.

Siamo proprio sfigati quando facciamo così. Quando costringiamo un bambino a suonare perché piace a noi, quando lo vogliamo vedere a cavallo per farne magari vanto con i colleghi del lavoro. Quando diventa più importante ostentare che essere, e per dare voce a quel racconto fasullo e posticcio, si calpestano sentimenti ed emozioni. Siamo sfigati quando abbiamo la presunzione e il delirio di onnipotenza di plasmarli a nostra immagine e somiglianza, i figli, calpestando la loro personalità, stupendoci magari quando con la pre-adolescenza si riprendono loro vita e ci mandano dove meritiamo, a quel paese. E quando iniziano poi a dire di no, dicono di no a tutto. Ma non hanno più sei anni e non puoi più (per fortuna) metterli a forza su nessun cavallo. Siamo sfigati quando anziché amare il bambino che abbiamo davanti, la persona, l’essere umano, ci perdiamo nei meandri della nostro egoismo. E della nostra patetica vanità.

1 commento
  • Vittoria
    RISPOSTA

    Non siamo tutti così però….conosco tanti genitori che cercano davvero di assecondare le passioni naturali dei figli… per me la strada te la indicano sempre loro se ci mettiamo in ascolto

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