Violenza ostetrica: racconti di donne

1024 664 Stancamente Mamma

La violenza ostetrica é un tema che ho impiegato sei anni a toccare. I sei anni probabilmente necessari per rielaborala e per dare a quell’esperienza un posto nella mia mente in cui facesse meno male. Per un paio d’anni prima di addormentarmi avevo nella mente la voce di un infermiere e della mia ginecologa. Lui provava ad infilarmi una cannula, io dopo 12 ore di peridurale, stremata dalla febbre alta ho urlato che mi faceva male, e lui mi ha risposto in malo modo che non era vero. Lei, unico essere umano in un ambiente disumano, gli ha risposto secca che se il paziente si lamenta avrà pur i suoi motivi.

Da lì non mi ricordo niente. So che mi sono svegliata, e stavo male. So che continuavano a parlarmi di allattamento e io avevo appena subito una forte emorragia. So che avevo provato a dire che non riuscivo a camminare fino alla sala parto e mi sono sentita urlare di muovermi, mi sono alzata e sono svenuta in corridoio.

So che c’è molto altro che non mi sento di raccontare, perché solo ripensarci significa riviverlo e di riviverlo non me la sento, nemmeno con la mente. Credevo che la mia fosse un’esperienza isolata, di quelle che capitano a te e a pochi sventurati casi. Da quando c’è questo blog invece ricevo tante, troppe, testimonianze di quella che viene denominata “violenza ostetrica”.

Save The Children definisce “violenza ostetrica” un insieme di comportamenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne, come l’eccesso di interventi medici, la prestazione di cure e farmaci senza consenso, o la mancanza di rispetto per il corpo femminile e per la libertà di scelta su di esso.  Questo tipo di comportamenti, dei quali si discute da quasi un ventennio e che si declina su tutto l’arco della vita femminile, assume una rilevanza particolare, per intensità e durata, in quello che viene comunemente definito percorso nascita e che riguarda quindi le fasi di gravidanza, parto e puerperio.  

Violenza ostetrica: 3 testimonianze

Ilaria, Avellino

Mi chiamo Ilaria, ho 33 anni e vivo ad Avellino. Ho partorito il 15 maggio 2020 la mia bimba, dopo aver affrontato gli ultimi mesi di gravidanza in piena pandemia mondiale, quindi senza aver potuto partecipare partecipare ad un corso preparto, solo con le parole della mia ginecologa che mi tranquillizzava sul fatto che sarebbe andato tutto bene perché – a detta sua – quando tu sai che non puoi contare su nessuno, ti affidi completamente al personale (come quando in aereo ci si affida all’esperienza del pilota – questo fu il suo esempio).

La notte del parto ebbi le prime contrazioni, arrivai in clinica (a 5 minuti di auto da casa mia) con una dilatazione di 2 centimetri. Salutai mio marito (lo avrei rivisto direttamente due giorni dopo, con bimba nella navicella) e mi diressi – dopo il triage – nella saletta dove, al termine di una visita velocissima, una infermiera mi disse di raccogliere il necessario e di seguirla nella sala parto. Fui costretta ad aprire da sola la valigia sul pavimento e ad inginocchiarmi per raccogliere le mie cose.

Senza scendere nei dettagli del travaglio brevissimo, sentivo – tra dolori lancinanti – un’infermiera lamentarsi del tipo di assorbenti che avevo portato con me ed un’altra che, venendo di tanto in tanto nella saletta dove ero stesa a fare il tracciato e dove c’erano almeno 30 °C, mi urlava di tenere una mascherina sintetica perfettamente aderente al viso, finalmente alle 9:00 del mattino diedi alla luce la mia bimba. La mia ginecologa mi disse che ero stata bravissima. Da quel momento l’ho rivista direttamente alla visita dei 40 giorni dal parto.

Ma veniamo al cosiddetto rooming-in.

Alle 12 mi portano mia figlia in stanza. Nel frattempo io, completamente ingenua, mi alzo dal letto e sto per svenire: la mia compagna di stanza dà l’allarme, entra un’infermiera che mi rimprovera per essermi alzata (avevo bisogno di prendere alcune cose personali dalla borsa). Da quel momento ho visto venire per me due infermiere per farmi la lavanda (ma mica mi chiesero se avrei voluto cambiare la camicia da notte, quella del parto, sporca fino al collo…) ed un altera alle 22 di sera che mi tenne la bambina per 5 minuti, il tempo per andare in bagno ad urinare. Mia figlia piangeva continuamente, evidentemente per fame, ma la clinica diceva che non bisognava darle l’aggiunta perché altrimenti non si sarebbe attaccata. Peccato però che la puericultrice mi aveva solo detto come tenerla e se n’era andata due minuti dopo. Ed io non avevo avuto ancora la montata lattea.

In tre giorni e due notti che sono rimasta lì, non ho visto nessuno, nemmeno mio marito. Il giorno in cui mi hanno dimessa, poiché mi avevano detto che sarei potuta uscire verso le 10, 10:30, alle 9 ero già pronta. Peccato che dovetti subire l’ennesima partaccia del ginecologo che mi visitò, e che fece anche una battuta sul mio stato. All’uscita dalla clinica, dalla cartella delle dimissioni, scoprii che il mio meraviglioso parto con l’epidurale (da loro tanto pubblicizzato) aveva avuto un piccolo imprevisto: si era reso necessario un intervento con la ventosa. Nella stanza dove mi trovavo non prendeva nemmeno il cellulare. I miei parenti erano tutti preoccupati.

I giorni e i mesi successivi furono anche peggio

Credimi, l’unico pensiero che mi fa andare avanti è quello che mia figlia non ha avuto conseguenze, ed ora è una bambina serena. Molto meno lo siamo io e mio marito, ma questa è un’altra storia ancora Ti ringrazio per ciò che hai fatto e che fai ancora. Il blog che hai creato è una delle poche cose davvero belle che mi sono capitate in questi tre anni e mi dispiace così tanto averlo scoperto solo qualche mese fa. Scusa lo sproloquio, ma scrivere per la prima volta da quando è successo, mi ha aiutato molto.

Selene, Venezia

Vorrei condividere la mia esperienza riguardo la violenza ostetrica, fino adesso non sono mai riuscita a parlarne con nessuno perché parlarne mi faceva sentire in difetto e non volevo far sentire nessuno a disagio.

Premetto che il mio percorso al consultorio non è stato facile, ho trovato zero empatia, ogni valore che trovavano diverso anche di poco dallo standard era un macigno di colpa che mi buttavano addosso senza tanti complimenti, compresa la tiroide sulla quale avrei potuto fare ben poco, per loro ero troppo vecchia (34 anni) troppo grassa (70 kg per un metro e 78 di altezza), troppo sensibile (ero così arrabbiata e ansiosa ogni volta che andavo alle visite che la pressione saliva sempre alle stelle e poi tornava normale a casa (dove per paura della preclampsia me la misuravo tre volte al giorno).

Al corso pre parto si impuntarono fermamente sulle gioie e l’importanza dell’allattamento al seno, infarcendomi di altra ansia perché se non sarebbe arrivato questo latte sarebbe stata solo colpa mia.

Si parla poco del cesareo e delle scelte antidolorifiche, anzi ci sconsigliano caldamente l’epidurale perché noi mamme dobbiamo “sentire tutto”.

Mi preparo come meglio posso e pianifico il parto in acqua, purtroppo arrivata al giorno del parto l’ostetrica di turno non è dello stesso parere e non perché la discesa di mia figlia fosse difficoltosa o perché nn fossi dilatata abbastanza, semplicemente perché per lei come mi disse l’infermiera che sparirà subito dopo avermi portata in sala “non è comodo”.

Mi fa mettere sul lettino, non mi chiede nemmeno se voglio l’epidurale o altro, mi fa tenere fin da subito le gambe piegate fino alle orecchie e poi mi urla di spingere di smettere di piangere o di provare a respirare come mi hanno insegnato al corso perché quelle (parole sue) sono tutte ca**ate!

Durante il parto fanno entrare fortunatamente mio marito che mi sarà di gran supporto perché spesso l’ostetrica mi lasciava sola tra una contrazione e l’altra per andare a chiacchierare con una collega in corridoio.

Alla fine dopo tante spinte e tanta fatica nasce la mia bimba, fortunatamente le lacerazioni interne non sono così gravi e lei sta bene, io sono distrutta e super ansiosa perché fin da subito resto sola in stanza ancora sporca e con la bimba attaccata al seno che mi fa un male cane, non vedrò nessuno per tutta la notte e non dormirò ne quella ne le altre due notti in ospedale, ne riuscirò a mangiare come si deve.

Resto così nell’impotenza e pervasa da quel senso di inettitudine che verrà alimentato da ogni infermiera/ pediatra del nido che perderanno le analisi di mia figlia due volte, per questo per tre volte le faranno i prelievi al braccio facendola piangere disperata e a me strizzeranno fino a far sanguinare i seni per vedere come mai la bimba fa fatica ad attaccarsi.

Ricordo ancora che la pizzicavano forte alle visite per farla piangere e mi dicevano di stare sveglia perché ogni ora max due doveva assolutamente attaccarsi per mangiare.

Sono stati tre giorni orribili, non riuscivo e non potevo staccare gli occhi da mia figlia, non potevo lavarmi, non potevo dormire o mangiare perché dovevo restare attaccata a lei per tutto il tempo.

Il secondo giorno mi fecero pure spostare di stanza perché gli serviva per una cesarea e mi fecero portare da sola la valigia e mia figlia nella stanza condivisa con un altra mamma che sfortunatamente aveva avuto un parto ben diverso dal mio e piangeva dal dolore lamentandosi ogni momento (quando chiedeva se le potevano tenere il bambino rispondevano sempre scocciate).

Amo mia figlia e affronterei tutto da capo per averla con me, ma questo non significa che sia giusto quello che è successo e che adesso io sia spaventata da doverlo affrontare ancora se un giorno dovessi avere un altro bambino.

Sara, Roma

Il primo parto ottobre 2014, 5 del mattino entro in ospedale ,vengo visitata come dicono loro ogni ora e redarguita di non lagnare che la strada è lunga piuttosto di camminare così acceleriamo.arrivo alle 18,30 sempre a 4 cm di dilatazione. Nel frattempo penso mi abbiano visitata manualmente almeno 20 volte senza neanche una parola.il dolore diventava insopportabile, al monitoraggio la creatura risultava in tachicardia ma decidono cmq di non fare il cesareo .

Iniziano a parlare come se io non fossi presente dicendo “Vabbè prova a farle epidurale magari si calma e andiamo avanti fino al prossimo turno. Chiamano le specializzande iniziano a provare ad infilare le canile nulla di fatto, la colpa ovviamente era mia Se non stai ferma difficile che riescono a metterla” grazie le dico io questo lo so già da me ma con le contrazioni ogni due minuti la vedo dura, fatto sta che dopo la 3 prova mi alzo e pretendo di avere un medico qualificato per fare questa benedetta epidurale dopo qualche sbuffo lo ottengo. Arriviamo finalmente all’espulsione, stremata io non riuscivo a spingere e il bambino non dava segni di incanalarsi, al che un ostetrica mi sale sulla pancia e mi spinge la pancia, l’altra ginecologa che avevo davanti infila letteralmente tutte e due le braccia nella mia vagina e al 3 tirano fuori il bambino

Io che ormai non riuscivo neanche a parlare vedo che mio figlio era strano non piangeva era nero me lo fanno guardare e lo portano subìto via ,per fortuna a parte i lividi il bozzo su un occhio e il gonfiore generale si riprende subito. Ci portano in camera sporca (nel frattempo dopo l’espulsione avevo avuto una brutta emorragia), stanca piena di dolori incapace neanche di stare in piedi chiedo se possono fare entrare qualcuno per aiutarmi a pulirmi e cambiarmi e sai quale è stata la risposta?” ma hai visto che ore sono? le 3 di notte le altre dormono, ormai ti cambi domani”

Abbandonata con quel bambino stanco anche lui, stremata sporca non venne mai nessuno la notte ,la mattina anche io mi ritrovai con il bambino nel letto e mi ero addormentata. Se solo mi fossi girata forse sarebbe anche caduto dal mio letto ma sono stata fortunata. Ricordo che chiamai l’infermiera per aiutarmi a spostarlo e ad alzarmi: avevo 42 punti tra interni ed esterni e il dolore era fortissimo mi rispose che dovevo alzarmi prima o poi e che se andavo al bagno non dovevo lasciarlo solo dovevo portarmelo dietro.

Terrorizzata decisi che non avrei fatto più figli, ma la vita dopo 6 anni mi presentò la seconda gravidanza. Devo dire andò meglio cercai in ogni modo un reparto decente e il parto è stato sereno fisiologico e amorevole. Purtroppo però anche lì in reparto fui abbandonata io e la bambina a cavarmela da sola. Ma grazie a Dio sono qui.

😉

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