A cura della Dott.ssa Nunzia Martella, Fondatrice dell’Associazione Educare in Positivo
Si dice che Settembre sia il mese dei nuovi inizi e del cambiamento e per molti genitori lo è davvero perché si trovano alle prese con l’inaugurazione di una fase importante: l’ambientamento al nido o scuola dell’infanzia dei propri figli. Tutti noi che ci siamo passati, anche se qualche anno fa, o che siamo in pieno processo, sappiamo cosa vuol dire: ricerca di informazioni su come aiutare al meglio i piccoli di casa, lavoro su noi stessi e sulla regolazione delle nostre emozioni, giorni e settimane di impegno affinché l’ambientamento vada a buon fine.
Anche se sono passate un paio di settimane dall’inizio della scuola e sono certa che molti di voi abbiano partecipato a corsi e letto informazioni utili su cosa fare o non fare per rendere meno faticoso l’ambientamento, il bello viene ora. Ebbene sì, perché è adesso che mettendo in pratica tutto quello che “avete imparato” sull’ambientamento e sugli “errori da non commettere”, vi trovate a fare davvero i conti con quello che vuol dire accompagnare positivamente vostri figli nel processo.
Per molti si tratta del primo vero momento di distacco, la prima occasione in cui si affidano i propri figli alle cure di una persona non appartenente al nucleo familiare. Per i bambini è la prima opportunità di creare vincoli positivi fuori dal loro “piccolo” mondo. Ambientarsi non è solo “abituarsi” a stare senza mamma o papà per qualche ora. È molto di più. Per i bambini è iniziare a costruire un senso di sicurezza in un luogo nuovo, per mamma e papà è stabilire un legame di fiducia e di alleanza educativa con le maestre e i maestri.
Quindi, detto questo, sfido chiunque a non avere paure, dubbi ed incertezze, perché quando tuo figlio piange e non vuole staccarsi da te ti fai delle domande:
- Che cosa accade se dopo qualche settimana ho la sensazione che le cose non stiano andando per il verso giusto?
- Quali sono i segnali che meritano un’attenzione in più?
- Quando capisco che l’inserimento è etichettabile come difficile?
- Che cosa faccio se mi accorgo che l’ambientamento non sta andando per il verso giusto?
- Che cosa può fare la scuola per evitare che questo passaggio sia più difficile del dovuto? Prima di rispondere, ricordo che nel processo di ambientamento agiscono due soggetti che devono farsi garanti della buona riuscita del processo: i genitori e l’insegnante e ciascuno ha il suo compito. La responsabilità di un buon ambientamento ricade su noi adulti, è un grande gioco di squadra con l’obiettivo unico di rendere il processo il meno faticoso possibile o di saper sostenere il bambino laddove ci siano difficoltà.A noi genitori viene richiesto di sostenere e accompagnare con amore e fiducia, aiutando nella regolazione emotiva i nostri figli affinché sentano che, anche se piangono disperatamente, se non vogliono entrare in classe e non vogliono lasciarci, noi saremo lì ad accogliere e rassicurare. A noi viene chiesta la consapevolezza rispetto al fatto che non è solo una questione di tempo, ma della qualità della risposta a queste manifestazioni emotive.
Alla maestra viene richiesto di aiutarci in questo compito, perché noi a casa e davanti alla porta della scuola possiamo stare accanto ai nostri figli con amore, pazienza e fiducia, ma è necessario che trovino altrettanto sostegno una volta varcata quella porta. Alla maestra viene chiesto di essere, da quel momento in poi, la figura che si prenderà cura del bambino e che lo accompagnerà, favorendo l’esplorazione e la crescita, condividendo i suoi traguardi. Soprattutto nelle fasi iniziali e per tutto il tempo necessario, sarà colei che lo sosterrà nei momenti difficili, che accoglierà il pianto, che capirà la difficoltà, che non avrà fretta, che starà accanto non facendoli sentire soli..
Ricordate che l’ambientamento idealmente non dovrebbe avere una durata predeterminata, poiché si tratta di un processo unico e differente per ciascun bambino, ma normalmente i piccoli si adattano nel giro di qualche settimana. Alcuni possono aver bisogno di più tempo e dipende, per esempio, dal temperamento, età, esperienze precedenti e dal supporto che ricevono. La maggior parte dei bambini supera senza grandi difficoltà questa fase. Fa parte del gioco vedere il proprio figlio piangere al momento del distacco, chiederci di restare con noi, dire che non vuole andare a scuola, registrare difficoltà del sonno, diminuzione dell’appetito, una maggior richiesta di vicinanza e contatto quando siamo a casa. Così come è normale vedere un bambino o una bambina entusiasta della scuola e della novità attraversare, successivamente, una crisi. Questi non sono segnali di allarme, ma espressione di emozioni che vanno riconosciute e accolte. Un messaggio a cui va data forma e strumenti per elaborare e superare positivamente questo momento.
Fino a che punto durante l’ambientamento i pianti “fanno parte del gioco” e quando invece c’è da preoccuparsi?
Ora per rispondere ai vostri dubbi e domande aggiungo che al contrario, se vostro figlio presenta cefalee, emicranie, nausea, insonnia o incubi notturni, enuresi, eczemi, asma, ci troviamo davanti all’espressione di somatizzazioni di un disagio più profondo. Se questi sintomi sono protratti per un arco di tempo consistente e non riconducibile a specifiche cause mediche, è importante richiedere un supporto.
Ricordate che, le esperienze dolorose, impegnative e faticose possono non lasciare traccia, ma sciogliersi come neve al sole, solo se i nostri figli vengono accompagnati da un adulto consistente. Se ognuno svolgerà il proprio compito, i bambini si sentiranno sicuri di poter esprimere le proprie emozioni e di percorrere con fiducia la strada verso questa nuova avventura. Ma se notate che vostri figli sta manifestando particolare sofferenza potrebbe essere necessario indagare se l’ambiente intorno a lui/lei non sta facilitando il processo o addirittura lo sta ostacolando.
Qui di seguito vi lascio una lista degli imprescindibili dell’ambientamento, garantiti i quali, salvo rari casi che meritano una valutazione specifica, i bambini vedranno garantito il diritto ad un ambientamento sereno.
- Empatia, ascolto, osservazione
- Ambiente accogliente, ben organizzato e chiaro
- Offerta e spazio alla connessione emotiva
- Tempo
- Collaborazione e comunicazione empatica tra famiglia e scuola
- Centralità del bambino nell’azione educativa, riconoscendo l’individualità di ciascuno
- Risposta alle esigenze, non solo fisiche, dei piccoli
- Sguardo fiducioso che trasmetta sicurezza nel fatto che saranno in grado di superare questo momento e le sue difficoltà
Non si tratta di puntare il dito contro nessuno, non è una gara, non si tratta di una competizione tra scuola e famiglia, si tratta di dare il meglio per far stare bene i più piccoli. Quando scuola e famiglia camminano insieme, con uno sguardo condiviso che riconosce il bambino come individuo unico e competente, anche le difficoltà diventano occasioni di crescita. Non abbiate paura di chiedere un confronto, di pensare ad un supporto, di fare domande, di fermarvi ad osservare. Prendervi cura del benessere emotivo dei vostri figli bambini è il più grande investimento che possiate fare per il loro futuro. Perché ogni buon inizio ha bisogno di radici sicure.
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