Tornando a casa mi sono fermata al parco, anche se con il passare degli anni, ne ho sempre meno voglia ma tant’è.
Entrando dal cancello principale, incontro una persona che quando ero ragazza viveva nello stesso mio pianerottolo e appena la vedo dopo molto tempo mi viene in mente di un episodio accaduto otto anni fa, quando mio figlio era appena nato.
Una mattina esco con il passeggino dopo oltre un mese e mezzo per rimettermi in piedi, era una delle prime volte in cui uscivamo da soli.
Era inizio dicembre e si gelava, ma ero così in aria da essermi messa una giacca troppa leggera. Non ero certa di andare e non avevo una meta, ma continuavano a dirmi che dovevo prendere coraggio e darmi una mossa.
E allora, come sempre ho fatto nella mia vita, la mossa me la sono data. Carico la borsa del passeggino di cose per lo più inutili ed esco terrorizzata che il bambino scoppiasse a piangere in mezzo alla strada e di non riuscire a calmarlo. E che facesse troppo freddo per tirarlo fuori dal sacco nanna in caso avesse pianto. E che sarebbe stato meglio fermarsi a chiuso ma al chiuso dove.
Era allergico a quel latte e piangeva per ore diventando paonazzo, ma io questo ancora non lo sapevo e anche di questo stavo iniziando a darmi colpe che non avevo. Morale, infilo la giacca e mi avvio, carica come un mulo di cose che non avrei mai usato.
Incontro questa donna all’angolo della strada che mi ferma stupita: ‘Ah hai avuto un figlio! Non ti ci vedevo per niente. Quando torni al lavoro?’ E poi ha iniziato a tessere elogi alla nuora, aiutata ovviamente da lei, che era appena rientrata, gagliarda e grintosa al lavoro. Perché il lavoro va tenuto, ha sentenziato perentoria.
Me l’hanno detta in tanti questa frase ma han sempre scordato di spiegarmi come.
Io invece il lavoro l’avevo appena perso, dopo anni di onorato servizio e di andare in ufficio anche con la febbre, appena ho comunicato di essere incinta ho preso il benservito e tanti saluti. L’ho salutata stordita e mi ricordo che quel ‘Non ti ci vedevo’ mi ha mandata in paranoia una settimana.
Perché in quel momento ero così goffa e impaurita che non mi ci vedevo manco io ma ero così in balia di tutto che non avevo nemmeno capito che era una frase idiota, senza nessun senso. Che elementi aveva per sentenziare una cosa simile?
In base a che cosa non mi ci vedeva che nemmeno sapeva chi fossi? Oggi ripensandoci e rivedendola mi è venuta voglia di abbracciarmi e di dirmi che dovevo darmi fiducia. Perché crediamo sempre alle cose più stupide che sentiamo dire su di noi?
C’è di buono che se me lo dicesse ora, certamente saprei come rispondere.
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