Le madri spesso mentono, l’ho scoperto tardi. Iniziano mentendo su come si sentono dopo il parto. Si mente perfino sui figli piccoli su che cosa facciano o meno. Su quanto rapidamente e precocemente arrivino alle tappe di crescita. Lui dorme in camera sua! Poi scopri che in camera sua c’è piazzata una brandina dove si mette la mamma. Giuro, questa mi è capitata davvero.
Ah, ok, fisicamente è in camera sua, certamente non da solo come si vuol far credere.
Ma la domanda è, perché farlo credere? Perché agli altri dovrebbe importare in quale stanza dorme nostro figlio o nel letto di chi?
Poi si mente sui risultati scolastici, si minimizzano le difficoltà, si camuffano gli insuccessi. Non c’è nessun problema, dice la mamma che ha appena avuto una conversazione tutt’altro che piacevole con l’insegnante. A che cosa serve mentire? Serve a non essere giudicate, a non sentirsi da meno, a non sentirsi rivolgere frasi che feriscono. A non dare l’ennesima spiegazione.

Nel peggiore dei casi si arriva a mentire perfino a se stessi, su come ci si sente. Tutto ok, e in realtà non va bene niente.
Ma a poco serve raccontarsela, semplicemente perché non c’è nulla da dimostrare, ma noi imperterriti ci sentiamo come a scuola, magari interrogati proprio su quel capitolo del libro che non sapevamo.
Raccontarsela è ancora meno utile quando si chiude la porta di casa e si è consapevoli che quel castello di perfezione era solo un’ostentazione senza senso. Se ora vedo un adulto davanti a me sicuramente non mi domando a che età ha dormito in camera da solo, certamente non mi chiedo se è stato allattato o meno, o se ha gattonato a nove mesi.
La maggior parte delle questioni che ci affliggono, se viste nella prospettiva di una vita intera… semplicemente non hanno alcun senso.
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