Inserimento all'asilo: 5 strategie di sopravvivenza

Inserimento all’asilo: 5 strategie semiserie di sopravvivenza per mamme

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Settembre è arrivato, i costumi sono già un ricordo piuttosto vago, l’abbronzatura è già sbiadita, le vecchie abitudini ampiamente riconsolidate e sì, la chat di classe ha cominciato (o ricominciato) a suonare. Torna la lista delle cartellette da comprare e l’ambiguità sui formati. Io ad esempio, riesco a prendere sempre quello sbagliato. O troppo grande, o troppo piccolo.

Torna lo zainetto da preparare, la sveglia la mattina e per alcuni inizia il famigerato “inserimento” e qui i genitori si dividono in due categorie. Ci sono i più fortunati, quelli con bambini che la mattina zompano dal letto, si preparano in pochi minuti ed entrano al cancello con un sorriso a trentadue denti e poi c’è altra categoria (nella quale rientra abbondantemente chi scrive), ovvero, quelli con bambini che all’asilo vanno poco volentieri, o che comunque ne farebbero serenamente a meno.

E qui sono problemi. Sono problemi perché ogni mattina il copione si ripete e ormai lo sai anche a memoria. Inizia spesso con “Mamma oggi non vado” e si arricchisce quotidianamente di fantasiosi particolari. “Ho mal di pancia”, “Oggi a scuola non si può andare ci sono i pompieri”, varie ed eventuali.

E tu sei lì, come ogni mattina a ripetere il tuo di copione invece, un copione molto meno fantasioso a cui forse dentro di te credi sempre meno, soprattutto quando ripensi a te stessa e ricordi molto bene che anche tu all’asilo non ci andavi troppo volentieri.

“Ma amore, si imparano tante cose, che cosa fai qui sempre con la mamma?.  E poi ci sono i tuoi amici e bla, bla bla e bla”.

Per chi fa parte della prima categoria non nascondo un pizzico di sana (e bonaria) invidia. A tutti gli altri dico, abbracciamoci forte, passerà!.

Intanto dopo una prima settimana un tantino in salita ecco come gestisco la mia ansia e i miei sensi di colpa (perché ebbene sì, ne ho), ogni mattina nel tragitto da casa all’asilo.

Inserimento alla Scuola d'Infanzia

1)  Consigli per l’inserimento all’asilo? No, grazie

Su questo primo punto parlo per esperienza, perchè l’ho fatto anche io.
Mi sono messa in Rete e ho cercato consigli, ho cercato i pareri dello psicologo, li ho letti, li ho riletti, li ho confrontati e non lo farò più. Sapete perchè?
Perché in tutti ho trovato un “pericoloso” e fastidioso denominatore comune: la mamma. Non si capisce come sia possibile che si stia parlando dei bambini, delle fasi del distacco, della psicologia, dell’attaccamento, del fatto che dopo i 3 anni il bambino inizi a interiorizzare la figura materna e poi all’improvviso arrivi il trafiletto che insinua più o meno velatamente che probabilmente la genesi del malessere del bambino è guarda caso la madre.
Perché come madre probabilmente stai vivendo male il distacco e quindi trasferisci la tua ansia al bambino, perché sei tu a non essere convinta di mandarlo all’asilo, perchè, perchè, perchè. E casualmente non è mai il papà, non sono mai i nonni, non sono mai le altre figure di riferimento del bambino.
Se qualcosa va bene, è fortuna. Ma se va male, non c’è dubbio alcuno. La colpa sarà la tua.
Il problema o la fortuna, è che anche chi (ad esempio la sottoscritta) ha fatto una attenta analisi di coscienza, ha analizzato attentamente il proprio comportamento e il proprio sentire è un pò stanca di sentire ripetere “Forse il problema sei tu”. No, il problema non sono io, almeno, stavolta non sono io.

 

2) L’abbiamo fatto tutti e non è mai morto nessuno: rispedire i consigli al mittente

Questa potrebbe essere la continuazione del punto uno. Prima sei tu il problema, poi diventi immediatamente quella esagerata, quella che di ogni cosa fa una tragedia, quella che dovrebbe imparare a ridimensionare quello che le capita.
Intanto bisogna precisare che ci sono bambini e bambini, per cominciare.
Ci sono bambini che per carattere affrontano le situazioni in modo più positivo, che sono più versatili, cha fanno meno fatica ad adattarsi e ci sono invece bambini che rispondono alle sfide in modo diverso, che fanno più fatica. Sono dati di fatto, non è necessariamente una tragedia, ma ci sono bambini che per uscire la mattina ci mettono un’ora e spesso è un’ora di pianti.
C’è chi arriva a farsi venire il vomito. Sì, è la verità.
Anche questa non sarà la fine del mondo, ma a una mamma può dispiacere vedere il proprio bambino in difficoltà o non si può dire nemmeno questo?

 

3) Scappare a gambe levate dalle persone che hanno sempre una parola negativa

Questo per me è il punto cruciale, valido non sono per l’inserimento alla scuola materna e per questioni inerenti ai bambini, ma dovrebbe valere in generale come regola assoluta.
Ci sono persone che si divertono a far rimanere male il prossimo. Lo fanno sistematicamente, ad ogni occasione. Sei felice per qualche motivo? Con una frecciata di fanno notare l’unico aspetto negativo della situazione. Hai raggiunto finalmente un traguardo con tuo figlio per il quale hai duramente lavorato? Con un sorrisino malizioso non ti manderanno certo a dire che il loro figlio lo fa già da almeno sei mesi. Quindi sì, ci sei riuscita, ma comunque arrivi “tardi”.
In un’occasione del genere non c’è certo da aspettarsi nulla di buono, il contrario.
Se tuo figlio ha problemi con la scuola materna loro te l’avevano detto che avresti dovuto mandarlo al nido, ti avevano detto anche che è troppo ‘mammone’ e che insomma come sempre avresti dovuto semplicemente fare il contrario di quello che hai fatto.
Tra questa schiera di persone con la lingua lunga potrebbe esserci anche tua mamma o tua suocera. Se sai che affrontando certi temi si va sempre a finire allo stesso modo, il consiglio spassionato è semplicemente uno: evita.
Evita di sentirti ripetere che sei esagerata, che lei alla tua età aveva già tre figli e lavorava, varie ed eventuali. Se c’è una cosa di cui non hai bisogno sono giudizi e consigli non richiesti. Attenzione, questo non vuol dire non mettersi in discussione e non accettare un buon consiglio. Ma c’è sempre modo e modo. Chi non ha modo, in certe situazioni è meglio che non si esprima.

 

4) Le emozioni del bambino non mentono mai (e non vanno minimizzate)

Noto sempre più spesso un atteggiamento da parte degli adulti verso i bambini che trovo insopportabile: il continuo minimizzare.
Il bambino cade al parco? Magari ha un taglio e un ginocchio pieno di sangue? Alzati, non fare storie non è niente!
Il bambino ha un po’ di malessere? Ma suvvia, non hai mica la febbre, esci e non fare le solite storie! (Quando magari noi con gli stessi sintomi avremmo molto piacere a rimanercene a letto)
Il bambino piange o è turbato perché sta affrontando l’inserimento all’asilo? Ma si, piangerà un po’ ma poi gli passa.
Ora mi domando, se fossimo noi in difficoltà, se avessimo cambiato lavoro e fosse tutto nuovo, se le novità ci facessero un po’ paura e ci sfogassimo con qualcuno che abbiamo vicino. Ci piacerebbe sentirci rispondere:’ Ma si, non fare storie, piangi un po’ e poi ti passa!’? Io credo di no, e ho ragionevoli motivi per credere che non piacerà nemmeno ai più piccoli, che sono persone con i loro sentimenti. Esattamente come noi.
In sintesi, ognuno ha le sue difficoltà e ogni difficoltà è proporzionale all’età, ovviamente. E ogni difficoltà porta con se un vissuto e ha una sua dignità, che va rispettata.
Questo non significa che ogni volta che il bambino si sveglia ripetendo di non voler andare a scuola sia il caso di desistere e lasciarlo a casa. Non è così. Significa che accogliere un’emozione, prendere atto di uno stato d’animo non fa di noi un genitore arrendevole o smidollato. Semplicemente fa di noi un genitore che davanti a un problema, ascolta, comprende e rassicura.

 

5) Non giudicare i tuoi stati d’animo

Di giudizi ne abbiamo abbastanza, anche quando i giudizi sono i nostri verso noi stesse. Perché di solito sono sempre troppo severi.
L’inserimento all’asilo è un momento di passaggio, anche per noi. Per la prima volta affidiamo il bambino per alcune ore del giorno ad estranei, in un ambiente che non è quello di casa. Non si tratta di mancanza di fiducia, ma è un primo distacco. C’è chi lo vive serenamente, chi invece è più esitante. Se sei nel secondo gruppo, sorridi e non preoccuparti. La società in cui viviamo ci vuole sempre pronti a tutto, ma non esserlo è un nostro diritto. È difficile lasciare andare ciò che si ama, anche quando è per il suo bene, per la sua crescita, per la sua felicità. In fondo essere mamma è anche questo, rimanere in bilico fra proteggere e lasciare andare. Lo è con i primi passi, lo sarà con la scuola, lo sarà sempre.

 

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